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La Copeta di Turi

 

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​Turi – La Voce del Paese 

Stefano de Carolis accende i riflettori su un altro dolce tipico della tradizione dolciaria turese

Giovedì 19 gennaio l’Associazione culturale “La Faldacchea di Turi” è stata ospite della trasmissione “Mattino Norba”, timbrando l’ennesima tappa di promozione della storia e delle tipicità gastronomiche del nostro paese. Protagonisti del format, condotto da Antonio Procacci e Mary de Gennaro, sono stati Stefano de Carolis, presidente del sodalizio, e le maestre dolciaie Marilena Catucci, Nunzia Di Brindisi, Annamaria e Stella Verna, che hanno preparato in diretta la faldacchea, promossa a marzo 2022 tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).

L’associazione La Faldacchea Ospite a Mattina Norba

Approfittando dell’occasione, de Carolis ha acceso i riflettori su un’altra prelibatezza della tradizione turese, oggi sottovalutata e, ahimè, un po’ dimenticata: la Copeta di Turi.

«La ‘copeta’ o ‘cupeta’ – spiega – è una specie di torrone duro, a base di mandorle e zucchero caramellato, che ha origini antichissime e ha trovato la sua diffusione in Spagna, una terra che per ben otto secoli è stata sotto il dominio arabo. In effetti, l’etimologia del nome ‘copeta’ deriva dal termine arabo ‘qubbayt’, che significa ‘conserva dolce’».
«Il dolce – precisa – era noto anche nell’epoca romana. Vari scrittori latini, da Varrone a Marziale, elogiano la ‘cuppedia’: una pasta di mandorle (o nocciole) e miele, il cui nome farebbe direttamente riferimento a Cupido, nell’accezione di divinità desiderio».

La copeta di Bari, un dolce prelibato e prezioso dal 1500

«La copeta di Terra di Bari – prosegue de Carolis – è una prelibatezza più antica di quella di Cremona; infatti, già nel 1584 si parla di copeta di Bari come “dolce al piatto”. È importante ricordare che Bona Sforza d’Aragona, duchessa di Bari e principessa di Rossano, ne era ghiotta, tanto che non si può escludere che il dolce venne servito durante il suntuoso banchetto delle sue nozze con Sigismondo I di Polonia, celebrate a Napoli il 6 dicembre 1517, a cui partecipò anche Dorotea Gonzaga, contessa di Conversano».

«Un’altra interessante attestazione del dolce barese – aggiunge – la troviamo nel volume “Lucerna de corteggiani”, una raccolta di menù per i vari periodi dell’anno pubblicata nel 1634 da Giovan Battista Crisci. L’autore, per sottolineare la pregevolezza del dolce, riporta che la Copeta di Bari veniva venduta in scatole guarnite di oro e argento».

Dipinto, particolare – Sulla destra, evidenziato, la scatola in cui era confezionata la copeta

La peculiarità della copeta di Turi

Anche la copeta di Turi ha origini molto antiche e, con molta probabilità, era tra le ricette custodite nel Monastero delle Clarisse di Santa Chiara.

«Sino agli anni ’60 – racconta de Carolis – le nostre anziane e brave maestre dolciaie preparavano questo dolce con una glassatura di “giuleppe” bianco e nero (ottenuto con l’aggiunta di cacao). Negli anni successivi, si incominciò a ricoprire la copeta con il cioccolato fondente. Ed è proprio la “copertura” il tratto peculiare che distingue la copeta di Turi dalle tante varianti pugliesi. A tal proposito, è interessante sottolineare che nella lingua spagnola il termine copeta corrisponde a “cubierto” (coperto)».

«A Turi – chiosa – la copeta troneggia, assieme alla faldacchea, nel vassoio dei dolci della sposa. Va detto che, inizialmente, il vassoio o guantiera sponsale contava 7-8 tipi di dolci, nel tempo è arrivato a contenerne sino a 20 tipologie diverse».

Trifone Costantini classe 1907
(produttore e venditore di torroni

Trifone Costantino, il primo dei ‘copetari’ turesi

Una menzione speciale de Carolis la riserva ai ‘copetari’ (o ‘copetai’), ovvero i produttori di torroni e copete che girovagavano per i paesi della Puglia e del Meridione, allestendo le caratteristiche bancarelle in occasione di feste religiose e fiere.

«Nel novero di queste figure professionali dei ‘copetari’ – evidenzia de Carolis – figura anche un turese: Trifone Costantini (classe 1907), padre della maestra dolciaia Rita Costantini».

«Nei primi anni ’30 – ricostruisce – Trifone si dedicò all’arte della produzione di torroni di mandorla e nocciole, che si ingegnava a vendere sui treni delle tratte pugliesi e su quelli diretti verso la Calabria. Agli inizi degli anni ’40, aprì una bancarella a Bari, nel centralissimo Corso Cavour, dove vendeva dolciumi vari, frutta secca e, per l’appunto, torroni. Nella città di Turi, divenne famoso per la produzione di ottimo gelato. Ma questa è un’altra storia!».

La proposta di un museo del dolce di mandorla

«Nell’ottica di rivalutare la copeta e, più in generale, l’eccellente tradizione dolciaria turese – chiosa de Carolis – rinnovo l’invito all’Amministrazione ad impegnarsi per istituire un museo civico permanente, che custodisca la storia del dolce di mandorla e della faldacchea, e per promuovere con l’Associazione “La Faldacchea di Turi” corsi di formazione dedicati ai più giovani e ai cultori di questa particolare arte dolciaria».

La ricetta della Copeta

Ingredienti

1 kg di mandorle pelate e tostate (tritate in modo grossolano)

1 kg di zucchero

Buccia di limone

Cannella

Cioccolato fondente

Procedimento

In una casseruola si fa sciogliere lo zucchero, aggiungendo le mandorle tritate, la scorza di limone e la cannella. L’impasto va mescolato energicamente sino al distacco dalla pentola; successivamente, si toglie il composto dal fuoco e lo si trasferisce su un tagliere, dove va tagliato a tocchetti e lasciato indurire. Infine, si procede con la copertura nel cioccolato fondente e con il confezionamento nel cellophane trasparente, come una caramella.

 

 

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