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L’ultima opera di Sabino De Nigris

 

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​Turi – La Voce del Paese 

L’intellettuale, “adottato” da Turi, ha consegnato ai posteri un ulteriore illuminante tassello per ricostruire la storia della nostra comunità

Dato alle stampe a maggio 2022, il volume “Le abolizioni delle feudalità a Conversano e Turi nel 1806 e il nuovo monastero di S. Chiara in Turi dal 1838 al 1866” rappresenta l’ultimo contributo di Sabino De Nigris, stimato intellettuale del ‘secolo breve’, capace di saldare il rigore accademico dello storico con il vivace slancio della narrazione storiografica, elevando le ‘piccole storie’ di vita quotidiana ad ossatura portante della trama dialettica della ‘Grande Storia’.

“Una rivoluzione solo sulla carta”

Sabino De Nigris

Come chiarisce il titolo dell’opera, pubblicata postuma, De Nigris ha inteso dipanare due aspetti. Da un lato, ha colmato la lacuna nella storia del monastero di Santa Chiara, di cui quest’anno ricorrono i 400 anni dalla fondazione (1623), ricostruendo le tribolate vicende della costruzione del nuovo edificio, iniziata il 3 maggio 1839 e costata oltre 40.000 ducati. Dall’altro, ha analizzato il farraginoso processo di applicazione delle leggi di abolizione dei privilegi feudali nel Regno di Napoli.
Difatti, scorrendo le pagine del saggio, appare chiaro che le norme emanate nel biennio 1806-1808 dal nuovo re, Giuseppe Bonaparte, non abbiano dato vita all’auspicata “rivoluzione sociale e democratica”, che avrebbe dovuto redistribuire le terre demaniali ai contadini e spazzar via l’ultimo baluardo del feudalesimo europeo, in nome di una gestione centralizzata ed egualitaria. A discapito degli intenti originari, la riforma si arena in un “imbuto giudiziario” – gestito dalla Commissione Feudale, un tribunale speciale appositamente costituito – che, di fatto, consentirà per molti decenni di preservare inalterato lo status quo.
Esplicativa, in proposito, l’annotazione di Francesco Cavallo, curatore dell’introduzione del libro: l’esito a medio termine del riformismo dei napoleonidi si concretizza nel rimpiazzare i feudatari con una classe sociale di grandi latifondisti, la quale riesce ad ostacolare l’assegnazione delle terre ai contadini meno abbienti. Basti pensare che in Terra di Bari «poco più del dieci per cento delle terre demaniali viene quotizzato e finalmente diviso, con procedure che, iniziate nel 1809, si concludono ben oltre l’Unità d’Italia».

La testimonianza di Mariella De Nigris

Per approfondire la figura di Sabino De Nigris e le radici del suo interessante lavoro, abbiamo avuto il privilegio di porre alcune domande a Mariella De Nigris, sorella del compianto Sabino.

Un ricordo del dott. De Nigris?

«Il mio è un vivo ricordo di un fratello a cui ero legata da un affetto profondo».

Qual era il suo rapporto con la città di Turi?

«La nostra famiglia affonda le sue radici a Turi. Mio padre, classe 1906, è nato e vissuto qui fino all’età di 42 anni. Nel 1948 sposò mia madre a Conversano, dove è vissuto fino alla morte. Da piccoli abbiamo avuto buoni rapporti con i nonni paterni, anche se non molto frequenti per via della mancanza di mezzi di trasporto negli anni ’50-’60».

L’eredità politico-culturale che ci lascia De Nigris?

«La sua vita è stata un fulgido esempio di ragionata coerenza politica e una straordinaria testimonianza dell’importanza di interrogare il passato per meglio comprendere le dinamiche del presente. Sin da giovane studente ha coltivato un costante impegno politico e sociale a Conversano e Bari: militante socialista ha sempre, coerentemente, dimostrato la sua fede politica. In parallelo, la sua dedizione alla ricerca storica, tradottasi in saggi e numerosi articoli, ha dato nuove prospettive di esame sui principali fenomeni sociali del Mezzogiorno».

Come nasce la scelta di affrontare i temi sviluppati nel suo ultimo lavoro?

«Quanto al nuovo Monastero di Santa Chiara, il suo studio ha inteso colmare il periodo storico compreso tra il 1838 e il 1866, non trattato in precedenza. Il suo interesse sull’abolizione delle feudalità mirava ad evidenziare che la legge del 2 agosto 1806 era una vera rivoluzione, solo sulla carta. Nei nostri Comuni, come altrove, la quotizzazione di parte dei territori e l’assegnazione delle terre ai contadini meno abbienti si trascinò fino (e oltre) l’Unità d’Italia».

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Sabino De Nigris (Conversano 1949, Turi 2021)
Laureatosi in Scienze Politiche prima e poi in Lettere, ha intrecciato i suoi studi con una quotidiana attività politica. Militante socialista fin dalla prima giovinezza, ha condotto una continua ricerca sulla società contemporanea del Mezzogiorno, mettendo a frutto il suo fervido interesse per la lettura e l’analisi dei fenomeni sociali. Iscritto all’Albo dei Giornalisti di Puglia e all’Anpi, ha contribuito alla nascita della “Fondazione G. Di Vagno”, di cui fu appassionato e laborioso dirigente.

 

 

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